Tra le gioie inaspettate del lockdown e conseguente smartworking c’è la possibilità di utilizzare la pausa pranzo per dedicarsi alla visione di serie tv. E così abbiamo investito le pause dell’ultima settimana nella visione di Truth Seekers su Prime Video (parlo al plurale non perché sia stata posseduta dallo spirito del mago Otelma ma perché includo Massimo nel racconto).
Partiamo dalla premessa doverosa: se non l’avessimo guardata di giorno con la luce probabilmente non l’avremmo guardata del tutto. Perché i primi 7 minuti fanno una paura blu.
E fermandosi a questi primi minuti di fantasmi carbonizzati, ospedali deserti e inquietanti presenze si potrebbe pensare a una qualunque serie soft-horror-paranormale. Ma per fortuna è una serie tv inglese e quindi c’è ovviamente dietro un vastissimo mondo di sfumature da scoprire. Tanto più che gli autori sono Simon Pegg e Nick Frost che già come protagonisti della Trilogia del Cornetto hanno disintegrato qualunque confine tra generi e stili (guadagnando un posto nel mio personale pantheon mediatico).
NOTA NECESSARIA: se non avete visto Shaun of the dead e Hot Fuzz non possiamo essere amici, ma potete rimediare perché sono anche questi su Prime Video. The end of the world invece è su Netflix, ma (nella mia personalissima opinione) è meno fondamentale.
Insomma, nel solco della migliore tradizione britannica la tensione accumulata con il terrore trova sfogo in una risata (nervosa). Qui i temi del paranormale si mescolano a una critica nemmeno troppo sottile della società e in particolare al complottismo, all’alienazione della società telematica che vede da un lato l’isolamento di chi resta tagliato fuori dall’accesso alla tecnologia (digital divide, sia per età che per localizzazione) e dall’altro l’isolamento volontario degli hikikomori, passando poi per la creazione di riti di massa come il CovColCosCon (il mitico Coventry Collectibles & Cosplay Convention) e riti ben più inquietanti che lasciano spazio a vere e proprie sette, l’accesso illimitato a strumenti e risorse di ricerca che presta il fianco a tutto un sottobosco di contenuti parascientifici in cui possono germinare le convinzioni più bizzarre.
Insomma, di cose da dire questa serie ne ha. I momenti in cui ci si spaventa ci sono. Le risate pure (c’è una gag che mi ha fatto fare la pipì addosso quasi letteralmente ma non posso garantire che sia perché effettivamente sia molto divertente o perché ero troppo provata dagli spaventi e dall’inquietudine che qualunque gag sarebbe stata un facile varco per sfogare la tensione). Potrebbe non essere una serie estremamente raffinata ma tutto sommato non si mangia gourmet tutte le sere e un sano intrattenimento senza pretese a volte è quello che ci meritiamo, soprattutto in pausa pranzo.
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