Evento degli eventi, ieri sera sono riuscita ad andare al cinema per l’uscita del film di Haifaa Al-Mansour “Mary Shelley – Un amore immortale”. Presumibilmente dalle mie storie su Instagram non si è capito nulla, dato che le ho registrate al buio, in auto e soprattutto nello stato confusionale del post-visione, quindi provo a rimettere in fila qualche pensiero qui.
Com’è, com’è, è bello?
Personalmente il film a me è piaciuto molto. Ma si sa che io sono un cuore di panna, se poi mi si mettono sul piatto Inghilterra, amore tormentato, letteratura ADDIO. Purtroppo non ho le competenze per fare una disamina cinefila autorevole quindi mi limito al minimo indispensabile. Ambientazioni e costumi sono stupendi: lei indossa una camicina che sembra fatta di petali di papavero e che sto già sognando per il mio armadio nell’imminente autunno, tutti i colori di costumi/arredi/luoghi sembrano usciti da una board pinterest a tema pumpkin spice latte e il pallore dei visi di tutti sarà il mio unico beauty goal del 2019.
Gli attori sono impegnatissimi nel modulare le espressioni da “intenso” a “intensissimo” quindi mi viene davvero difficile dare un giudizio sulla performance, se non che Elle Fanning come Mary Shelley è ovviamente stupenda ma gli occhioni di Bel Powley nel ruolo di sua sorella Clara sono un vero spettacolo. Se poi vi divertono gli accostamenti improbabili sarete deliziati dalla presenza di Stannis Baratheon nei panni del padre filosofo William Godwin e soprattutto della povera Joanne Froggatt, aka Anna la servetta di Downton Abbey, che passa di ruolo indisponente in ruolo indisponente e qui interpreta la moglie di Godwin nonché matrigna odiosa della cara Mary.
Ma quindi, ma quindi, Mary come ne esce?
Detto questo, il film è ovviamente un bellissimo polpettone molto incentrato sul rapporto tra Mary e Percy, un amore passionale e travolgente che sfida le convenzioni sociali. Passa un po’ in secondo piano secondo me il fondamento radicale di questo rapporto e il suo aspetto fortemente intellettuale: non si tratta solo di una passione che stravolge gli schemi ma di una chiara presa di posizione di principio. Quello che invece viene ben raccontato è il prezzo che i due protagonisti pagano per poter vivere secondo le proprie regole, e i risvolti psicologici che si riversano necessariamente nella produzione letteraria.
Ovviamente non si tratta di un documentario biografico su Mary Shelley, e per chi la ama profondamente come me può sembrare un po’ riduttivo mostrare Frankenstein come il prodotto dei timori dell’abbandono di un’orfana cresciuta nel mito della figura materna volitiva e rivoluzionaria e rivissuti nella storia d’amore con il poeta. In realtà Mary Shelley non è solo “la scrittrice di Frankenstein”, né il prodotto dell’influenza del suo compagno, e la sua capacità di dare voce alla disperazione del mostro e al cinismo del reale poggiano non solo negli eventi emotivi biografici ma hanno una base intellettuale solida e argomentata. Con la sua cultura eclettica, le sue posizioni radicali, l’amore per la scienza, il disincanto verso la natura umana può essere considerata una vera e propria filosofa, e di certo una delle figure di intellettuale donna più dirompenti e rivoluzionarie della storia.
E allora cosa faccio, vado o non vado?
Per me il film è un sì. Ovviamente dipende come sempre da cosa si cerca in un prodotto di intrattenimento: se vi aspettate il prodotto intellettuale dell’anno magari ecco, ridimensionate un po’ le aspettative e orientatevi su altro; invece se avete voglia di due ore che vi riempiano gli occhi di bellezza e una storia coinvolgente non potete lasciarlo andare.
Per togliervi ogni dubbio ho anche degli ottimi buoni 1+1 da potervi passare, gentilmente offerti da Stardust: controllate al link la programmazione dei cinema convenzionati e scrivetemi pure via DM su twitter o su Instagram così vi do tutte le informazioni per portare il vostro amore immortale al cinema con voi.
Le recensioni che vogliamo (cioè, che a me piacciono molto): dritte al punto e con le faq incorporate, vivaddìo. Grazie! 🙂
A.