Mara e la sua amica e vicina di casa Nadia corrono per la strada in calzoncini corti, tra gli sguardi scandalizzati del vicinato: hanno tredici anni, tutta la sfrontatezza della gioventù e non vedono l’ora di mettersi in mostra durante gli esercizi ginnici del Sabato Fascista.
La prima scena che leggo è già una rivelazione: mai mi sarei aspettata di poter accostare questo senso di allegra liberazione e il regime fascista. Ma presa per mano dalle parole di Ritanna Armeni ho dovuto ricredermi su molti preconcetti, rivedendo una narrazione che tiene conto di un punto di vista unilaterale. E non si tratta di negazionismo o riscrittura, la contrapposizione alla voce ufficiale della storia non è questa volta tra la voce dei vincitori e quella dei vinti ma porta un punto di vista sempre trascurato: quello delle donne.
Esiste una storia delle donne che incrocia la storia degli uomini ma non coincide con essa
Ritanna Armeni confessa di avere la fissazione di voler parlare della libertà femminile. Mentre nei suoi libri precedenti però ha dato forma a racconti incentrati su figure storiche reali, raccontando la storia d’amore di Inessa e Lenin e le gesta delle Streghe della Notte ossia le aviatrici sovietiche, in questo caso accoglie la sfida di raccontare un percorso di emancipazione e libertà prendendo come protagonista una ragazza fascista.
Mara cresce nella piccola borghesia romana, a pochi passi da Piazza Venezia dove accorre per ascoltare i discorsi del Duce da un lato, e a poche centinaia di metri dal ghetto dall’altro. È quindi il il prototipo ideale di donna fascista, che si affaccia all’età adulta nel momento di massimo splendore della retorica del regime, ancora lontano dai dubbi e dallo sconcerto che inizieranno a subentrare con la promulgazione delle leggi razziali e il colonialismo e che deflagreranno con la guerra e l’armistizio dell’8 settembre mandando in frantumi quel sistema di riferimento che aveva abbracciato in modo naturale, quasi necessario.
Accanto a Mara c’è Nadia, convinta sostenitrice del fascismo fino all’ultimo, e che sarà una delle 6.000 donne volontarie a partire per Salò. Ma ci sono anche le loro madri, per cui il fascismo non è una scelta di ideale ma una quotidianità e che si trasforma in un giogo quando dovranno lottare per mettere in tavola il cibo per la famiglia. C’è Anna, la sorella minore: i pochi anni che la separano da Mara determinano quello spartiacque per cui mentre una è necessariamente fascista l’altra cresce da subito più disincantata e critica. E poi c’è zia Luisa, forse il mio personaggio preferito del libro. E sì, è fascista anche lei. Abbraccia il fascismo in modo funzionale, la sua intelligenza le permette di cadere sempre in piedi rimanendo un punto di riferimento costante per Mara e per il lettore, e rappresenta quello zoccolo duro di democristiani di destra che riassorbono nel privato il ruolo pubblico dei valori di patria e famiglia, facendosi ponte tra il fascismo e il dopoguerra.
Come preserva Ritanna Armeni l’autenticità dei suoi personaggi senza perdere la propria, di donna di sinistra? Attraverso dei corsivi che punteggiano tutta la narrazione e che portano dati, fatti e riflessioni di chiarimento. Inserendo questi corsivi Ritanna Armeni ci istruisce, in qualche modo: colma quel vuoto della narrazione ufficiale, racconta la storia delle donne. E così scopriamo che esiste un femminismo nero, che le donne erano strumentali al regime ma proprio abbracciandone i valori e facendoli propri se ne sono servite come leve per attribuirsi un posto diverso da quello che era stato loro assegnato.
Le donne dopo la riforma Gentile non potevano accedere alle cattedre umanistiche né diventare presidi nelle scuole superiori, le tasse universitarie erano triple rispetto a quelle degli uomini. Eppure durante il fascismo le iscrizioni femminili all’università sono triplicate.
Le donne per legge venivano pagate la metà degli uomini, eppure durante la guerra quante di loro hanno assunto il ruolo di capofamiglia, quante hanno lavorato per necessità, quante hanno preso il posto degli uomini nelle fabbriche e negli uffici?
Le donne fasciste si vergognano del comportamento degli uomini, vogliono superarli in onore e in combattimento e partono volontarie per unirsi alla repubblica di Salò in cerca di un riscatto, o del mito della bella morte, ma perseguendo fino in fondo il proprio ideale di liberazione e autodeterminazione che si sovrascrive all’ideologia fascista e cancella l’immagine di madre e angelo del focolare a cui le voleva relegare.
I femminismi sono tanti, ci ricorda Ritanna Armeni. E la storia dell’emancipazione femminile non appartiene solo alle esperienze di sinistra, alle posizioni liberali o ai regimi come quello sovietico in cui era programmatica e strutturale (e in cui comunque lottare per ottenerne la reale concretizzazione). Proprio perché la storia delle donne si svolge intrecciandosi a quella degli uomini ma non la segue in modo parallelo. E se la Storia che viene scritta e narrata dagli uomini segue una linea retta, quella femminile si avvita su sé stessa per tornare sempre a un punto nodale: mettere in risalto le contraddizioni, creare tensioni, uscire da un ruolo per diventare quello che liberamente si sceglie di voler essere.
IN BREVE (TL;DR)
Non fatevi spaventare dalle premesse, questo libro è una vera miniera di spunti di riflessione ma soprattutto si girano le pagine che è un piacere. Senza sentimentalismi tocca tutti i grandi temi dei romanzi di formazione: l’amicizia, l’amore, gli ideali e le illusioni ma con quel realismo politico che lo rende ancora più appassionante. Non è una storia eroica, ma accompagnare Mara nel suo percorso ce la rende così umana e vicina che è impossibile non volerle bene.
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