E poi all’improvviso siamo usciti di casa.
Siamo saliti su un taxi e poi su un treno e siamo entrati in un hotel e poi in un ristorante, tutte quelle cose normali che ci capitava di fare prima. Prima delle gravidanze, due così lunghe e così vicine, prima dei bambini piccoli che non potevano restare soli, prima che gli spazi privati ed emotivi si ridisegnassero per adattarsi a una nuova quotidianità privata e prima che la pandemia ridefinisse anche gli spazi fisici in quella che per più di un anno è stata una quotidianità pubblica fatta di isolamento e distanze.
Poi Cristina ci ha detto “ma venite anche voi ad Ancona” e io che ero un po’ ubriachella a bordo di una piscina le ho risposto “ma io se vuoi vengo anche a Taranto” e così abbiamo davvero tirato fuori le valigie da sotto il letto e siamo partiti.
Cristina è quella Cristina Fogazzi che molti conoscono come L’Estetista Cinica, che dopo aver già organizzato un tour in calessino alla scoperta delle città più belle d’Italia e aver sostenuto più di una polemica con qualche giornalista su quanto sia opportuno per un’estetista promuovere e divulgare l’arte, è riuscita a concretizzare quest’estate un progetto nato nel 2020 e che si era dovuto fermare a causa pandemia: portare sostegno e visibilità a tre importanti musei del centro/sud Italia. Come? Con il suo centro Veralab itinerante (un furgone elettrico che circola anche in area pedonale), dispensando consigli di bellezza e biglietti di accesso ai musei del luogo.
“I tarocchi li hai presi?”
“Sì, ovvio, ma tu piuttosto hai capito cosa devi fare?”
“No, ovvio, però ho messo in valigia tutte le powerbank che abbiamo in casa”
E così siamo partiti per la prima tappa: Ancona, Museo Tattile Statale Omero. Non sapevamo esattamente cosa aspettarci, ma pur utilizzando tutte le nostre risorse di immaginazione la realtà avrebbe comunque superato ogni aspettativa.
All’ingresso del museo ci attende Daniela Bottegoni che insieme al marito Aldo Grassini ha fondato questo spazio e che ci guiderà alla sua scoperta.
Immaginate un museo. La prima cosa a cui si pensa sono le teche che proteggono le opere e i cartelli “Vietato toccare” che le circondano. Qui no: tutto è accessibile, anzi si è proprio invitati a toccare. Perché Daniela e Aldo sono due persone non vedenti e hanno voluto rendere accessibile l’arte anche a chi altrimenti dovrebbe affidarsi solo alla descrizione di una guida. Immaginate un museo. Ecco, chi non ci vede può solo immaginarlo, dalle parole e dall’esperienza mediata di un’altra persona. Invece qui l’arte diventa concreta e l’esperienza può essere diretta: riproduzioni a grandezza reale di statue classiche, modelli architettonici, riproduzioni di opere pittoriche rese con diversi materiali per restituire la diversità dei colori. Tutto è pensato per essere toccato, anzi “visto con le mani”. Ed è un’esperienza assolutamente coinvolgente anche per chi è abituato a “guardare e non toccare” perché attraverso il tatto riusciamo a percepire dettagli che restano nascosti agli occhi. È possibile anche (ed è un’esperienza che vi consiglio caldamente) fare una visita guidata bendati. In particolare nella sezione di arte contemporanea è sorprendente come attraverso le mani riusciamo a ricostruire il significato e l’emozione di un’opera che attraverso la vista resterebbe invece più intellettualizzata e fredda.
Insomma, abbiamo pianto? Abbiamo pianto.
Poi siamo usciti nel cortile della Mole Vanvitelliana e abbiamo visto la quantità di Fagiane già in coda per l’accesso al truck. Centinaia di Fagiane, sorridenti, distanziate, sotto i loro ombrellini parasole, in una doppia serpentina che continuava fin fuori dalle mura. Roba che dopo più di un anno e mezzo a incontrarci solo tra di noi fra la cucina e il salotto ci ha fatto venire la pelle d’oca dall’emozione. Insomma, ho ripianto e ho capito che il giorno successivo avrei fatto meglio a non truccarmi.
Nei due giorni ad Ancona ho calcolato di aver letto i Tarocchi a poco più di 200 Fagiane (e qualche Fagiano!): un’esperienza incredibile, piena di sorrisi e momenti di commozione e che mi ha lasciata esausta ma felice come non lo ero da tempo.
Tempo di rientrare a Milano, riprendermi, lavorare quattro giorni, impacchettare i bimbi destinazione nonni di Verona ed ero già su un aereo per Bari, destinazione finale Taranto. A questa tappa Massimo non ha partecipato perché era troppo impegnato a degustare i pacchi di paccasassi e ciauscolo che ci erano stati recapitati nel frattempo a casa.
Il MArTa, Museo Archeologico Nazionale di Taranto è uno scrigno di tesori che raccontano la storia di questo territorio e la trascendono e amplificano, mettendo in risalto la connessione profonda con le nostre radici e la nostra cultura. Dalla preistoria alla Magna Grecia, alla conquista romana e fino al Medioevo: le collezioni di reperti e opere arrivano fino a noi e continuano a attrarci in modo magnetico, forse perché ci sembra possano custodire le risposte alle domande “chi siamo? da dove veniamo?”. Anche in questo caso vi consiglio la visita guidata, in modo che il significato di ognuno dei reperti possa essere messo in una prospettiva in grado di creare un nuovo senso e davvero arricchire l’esperienza, oltre ad avere aggiornamenti sulla continua ricerca a cui sono sottoposti (alla fine l’atleta sarà stato davvero avvelenato? Aspettiamo i risultati dell’antidoping, svolto postumo più di 2500 anni dopo la sua morte).
Ero già stata a Taranto ma non posso dire di conoscerla. E soprattutto, mi sono resa conto tornandoci e scoprendo il MArTa e le attività della Jonian Dolphin Conservation di come le informazioni e le notizie di cronaca avessero sovrascritto in un certo senso la mia esperienza per cui le prime immagini che il nome di Taranto richiamava alla mia mente erano quelle legate ai temi ambientali/industriali, cancellando e svalutando la complessità di una città che è stata regina del Mediterraneo e che è ricchissima di cultura e di risorse che meritano di essere valorizzate e raccontate proprio per riuscire a dare un impulso di rinascita a partire dal territorio.
Anche qui come ad Ancona è stato emozionante incontrare e intrattenere con le carte le Fagiane all’ombra degli alberi di piazza Garibaldi (sotto l’occhio vigile del cane Max che stoicamente non mi ha lasciata sola alla mia postazione per nemmeno un minuto).
Ma ancora più emozionante è stato partecipare a qualcosa di davvero significativo e grande, che ha toccato me e come me ha toccato centinaia di persone e con una scusa, un pretesto, un momento di frivolezza ci ha ricondotto al cuore della bellezza. Di questo devo ringraziare enormemente Cristina, per avermi tenuta vicina e avermi mostrato un modo vivo e pragmatico di far succedere cose belle, e tutte le persone sorridenti, stanche e felici che non ho mai visto nemmeno per un minuto tirarsi indietro ma dare costantemente tutto il supporto possibile tra scatoloni da spostare, kit da assemblare, protezione solare da distribuire e chi più ne ha più ne metta. Quindi grazie a Mauro e Melissa, a Elena e Laura, a Carolina e Giorgia, a Lorenzo, Silvia, Fabio, Eric, MaPi, e tutte le persone di cui colpevolmente non ricordo il nome ma solo lo sguardo (ed era sempre uno sguardo bello), grazie Massimo e Stefano come si suol dire “per tutto il pesce (crudo!)”, a Andrea e Margherita compagni di viaggio da una vita, a Francesca amica con cui condividerei ogni avventura senza temere nulla e Massimo con cui in effetti condivido ogni avventura senza temere nulla. E grazie a tutte le Fagiane per la fiducia e l’affetto, sia le 300 a cui ho avuto la gioia di leggere i Tarocchi sia alle centinaia per cui non mi è bastato il tempo o l’energia: siete state la magia più grande.
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